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    Visitare i Monti Dauni: l'itinerario archeologico

    (Nella foto: l'Anfiteatro Romano di Lucera) 


    I Monti Dauni, una delle più suggestive e caratteristiche aree geografiche della Puglia, sono coronati da borghi che rappresentano autentici scrigni di storia secolare, d'arte e tradizioni conservando evidenti ed importanti tracce archeologiche che si scoprono seguendo un affascinante itinerario.

    Si parte da Ascoli Satriano con le testimonianze del Parco Archeologico dei Dauni, sito che si estende in due zone: l’area monumentale e la Collina del Serpente. Inserita all’interno di un ampio insediamento di epoca romana, l’area monumentale annovera – tra le altre – una costruzione di particolare interesse costituita da una tomba a camera; il sepolcro con accesso da un corridoio, il dromos, è attribuibile ad una donna di un elevato rango sociale. La Collina del Serpente, abitata a partire dal neolitico inferiore, è stata invece punto di riferimento per le comunità preromane ed adibita a necropoli tra il VI e IV secolo a.C. I lavori di scavo archeologico cominciati negli anni ‘60 hanno permesso di riportare alla luce le fondamenta e i muri di un santuario dauno del VI-V secolo a.C. e splendidi selciati a spina di pesce.
    Ancora percorribile è il ponte a tre arcate sul fiume Carapelle del I-II sec. d.C., unico esempio di ingegneria idraulica romana in Capitanata giunto fino ai nostri giorni, mentre da altri due ponti – uno sull’Ofanto, l’altro ancora sul Carapelle – emergono solo dei resti così come del grande arco in contrada Valle dell’Arco è visibile un muro diroccato. Un acquedotto romano sotterraneo è stato individuato nelle campagne sottostanti il paese; notevole è l’opera muraria che i romani realizzarono per la captazione delle acque sorgive.
    A pochi chilometri da Ascoli Satriano, il giovane Parco Archeologico di Faragola propone una straordinaria mescolanza di insediamenti abitativi con elementi dauni, latini e medievali, tra cui spicca l’elegante sala da pranzo dotata di un rarissimo stibadium (divano da banchetto) in muratura presente tra gli ambienti tardo imperiali romani.
    Nelle aree espositive dei congiunti Museo Ecclesiastico Diocesano e Museo Civico Archeologico di Ascoli Satriano si ammirano la collezione 'Lo Spreco Necessario: il lusso nelle tombe di Ascoli Satriano' con i corredi funerari dauni più sfarzosi rinvenuti in territorio ascolano, la sala con le statue dell’Apollo e del Bambino Cacciatore e la mostra 'Policromie del Sublime' con i marmi e gli splendidi grifi policromi, esposti in passato anche al Getty Museum di Los Angeles e al Palazzo Massimo di Roma, opere queste ultime uniche nel panorama degli studi e dei ritrovamenti archeologici, non soltanto per l’innegabile bellezza e la magistrale fattura chiaramente visibili dal primo sguardo. Oltre alla purezza del marmo e alla decorazione pittorica giunta fino a noi, c’è infatti una rocambolesca storia legata al ritrovamento di questi capolavori che li rende davvero speciali.



    Il trapezophoros di Ascoli Satriano con due grifoni che sbranano una cerva


    Tutto inizia nel 2006, quando il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, nell’ambito di un’indagine sul commercio internazionale di reperti antichi, rinviene alcuni oggetti nel Museo Civico di Foggia riconducendoli ad uno scavo condotto qualche tempo prima ad Ascoli Satriano. Quella ricerca, particolarmente fruttuosa, riguardava anche alcuni reperti che erano stati trafugati e venduti all’estero da un tombarolo al famoso mercante di opere d’arte Giacomo Medici, che a sua volta li aveva ‘piazzati’ ad un trafficante internazionale. E così, le opere vengono acquistate nel 1985 dal Paul Getty Museum di Malibù, in California. Le indagini di polizia hanno mostrato l’indubbio legame dei pezzi ancora presenti nel nostro paese con quelli conservati al Getty Museum – tra cui il trapezophoros, sostegno di mensa decorato con due grifoni che dilaniano una cerva, e il podanipter, tipico bacile per uso cerimoniale, dipinto con la scena del trasporto delle armi di Achille da parte delle Nereidi – entrambi restituiti nel 2007 all’Italia ed attualmente fruibili nel polo museale di Ascoli Satriano.

    A Sant’Agata di Puglia, in località Serbaroli, così come anche a Castelluccio dei Sauri nei possedimenti della famiglia Gesualdi, vicinissimo al centro abitato, sono state ritrovate alcune tra le prime 'grandi statue' dell’umanità, comparse sul finire del Neolitico e il fiorire dei megaliti: le staute-menhir (massi piuttosto spessi naturalmente antropomorfi o appena lavorati e generalmente più antichi) e le statue-stele (pietre lastriformi artificiali, di datazione più recente).

    Ai piedi di Bovino, più precisamente a Casalene, sulle pendici collinari affacciate sul torrente Bilera, si trova quella che fu un’antica villa romana costruita in età augustea e utilizzata fino al VI sec. d.C. e la cui continuità abitativa riprese nel XVI sec. con l’edificazione di un casolare tutt’oggi esistente, sfruttato fino a non molti decenni orsono. L’area ha rivelato tracce di almeno altre 7-8 ville ed alcuni reperti pre-protostorici, mentre vestigia di un villaggio eneolitico e neolitico sono emerse nel non lontano parco eolico durante i lavori di posizionamento di una delle torri.
    Il Museo Civico ‘Carlo Gaetano Nicastro’ di Bovino conserva reperti databili dal neolitico al medioevo, tra cui una preziosa raccolta di stele antropomorfe daune. Inaugurato nel 1925 nelle sale di Palazzo Pisani, il museo nacque grazie alla generosità del medico Carlo Gaetano Nicastro che donò al Comune la sua collezione privata. È articolato in quattro sezioni, età preistorica, preromana, romana e medievale; tra i reperti di maggior rilievo presenta una base onoraria dedicata dall’antica Vibinum all’imperatore Caracalla, di recente ritrovamento, e due monumenti funerari megalitici in pietra, protocelebrazioni dell’uomo e della donna.


    Le stele antropomorfe conservate nella sezione preistorica del Museo Civico 'Nicastro' di Bovino


    Nella Serra di Panni, strutture murarie e pavimentazioni a spina di pesce spuntano tra vari materiali archeologici risalenti ad un periodo compreso tra il II secolo a.C. e il VII secolo d.C., mentre dall’altra parte della valle del Cervaro il Lapidarium e il Museo Civico Diocesano dell’Angelo di Orsara di Puglia conservano segni preistorici affianco a tracce di storia romana e medievale e il Museo Civico di Faeto (MU.CIVI.TE) accoglie nella suggestiva Casa del Capitano del XVI sec. una mostra archeologica permanente ed un excursus etnografico relativo al territorio faetano. Nelle sue teche, l’Antiquarium di Alberona mette in mostra antiche epigrafi, vasi in bucchero, ornamenti policromi, una bellissima arula e ceramiche con decorazioni a 'geometrico daunio', una particolare tecnica introdotta agli inizi del VIII secolo a.C. dai Dauni.

    Il Museo Civico di Accadia è allestito nelle sale di Palazzo Vassalli, cinquecentesca dimora nobiliare trasformata nel 1999 in un polo culturale sull'archeologia e la tradizione rurale. Una prima sala del museo ha un’impronta prettamente archeologica e comprende reperti provenienti da scavi nel territorio, quindi ceramiche, stele, cippi, statue; un’altra sala è incentrata sul Medioevo, mentre una terza sala celebra gli antichi mestieri con una collezione di oggetti ed utensili che rimandano alla vita contadina. Il bel palazzo ospita, inoltre, nei sotterranei un ambiente espositivo con una ricca ed articolata sezione etnografica.

    Nel Museo Archeologico di Celenza Valfortore si trovano reperti preromami, romani e medievali: colpisce il cippo graccano le cui incisioni riportano i nomi di Marco Fulvio Flacco e di Caio Sempronio Gracco e le direttive per un’equa distribuzione delle terre conquistate da Roma. Nei pressi del Regio Tratturo Pescasseroli-Candela, in località Mastralessio (Anzano di Puglia) si trova un cippo diverso, di matrice ellenica, che si presenta come un cilindro di marmo: le figure e le iscrizioni incise lo legherebbero al culto della 'Magna Mater'.
    Bisogna attendere l’estate perché l’evaporazione delle acque del Lago di Occhito sveli i resti di un villaggio preistorico, mentre presso il Museo archeologico di Carlantino sono sempre disponibili circa 2000 reperti provenienti dalle aree archeologiche di Monte San Giovanni e di Santo Venditti e risalenti all’età preistorica e romana.

    Senza alcun dubbio è la città di Lucera a conservare le più evidenti e importanti testimonianze della presenza degli antichi romani, a partire dall’Anfiteatro Romano, costruito dal magistrato Marco Vecilio Campo in onore di Augusto. Il settecentesco Palazzo De Nicastri-Cavalli è degna sede del Museo di Archeologia Urbana “Giuseppe Fiorelli”, dove abbondano iscrizioni, ceramiche, cippi, are, terrecotte, bassorilievi, fregi e capitelli. Nella bellissima collezione statuaria si segnalano un busto fittile di Prosèrpina, una testa di Minerva medica e una Venere marina in stile greco-romano.
    A Palazzo D’Avalos, nel Museo Civico di Troja, insieme a croci e sarcofagi bizantini, sono custoditi utensili di epoca preromana e romana e un tratto di pavimentazione della Via Trajana.
    Molto suggestiva, infine, è la 'Sedia del Diavolo', l’antica torre muraria di Montecorvino, in territorio di Volturino, cui il tempo ha conferito le sembianze di un imponente seggio.


    La Sedia del Diavolo a Montecorvino (Volturino)


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